Vaccini obbligatori, informarsi e capire

 

vaccini obbligatori

Vaccini obbligatori, informarsi e capire

Risale a pochissimo tempo fa la notizia che ha visto l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto legge che contiene misure urgenti in materia di prevenzione vaccinale e che ha reso i vaccini obbligatori in italia.

Il decreto ha lo scopo di contenere e ridurre i rischi per la salute pubblica, soprattutto per quanto riguarda il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale.

Ma quali sono i vaccini obbligatori?

È bene fare chiarezza. Secondo le indicazioni del Calendario allegato al Piano nazionale di prevenzione vaccinale a questo link, i vaggini obbligatori da effettuare in età compresa tra 0 e 16 anni sono i seguenti:

  • anti-poliomelitica;
  • anti-difterica;
  • anti-tetanica;
  • anti-epatite B;
  • anti-pertosse;
  • anti Haemophilusinfluenzae tipo B;
  • anti-meningococcica B;
  • anti-meningococcica C;
  • anti-morbillo;
  • anti-rosolia;
  • anti-parotite;
  • anti-varicella.

Esenzioni: chi può non fare i vaccini obbligatori

Queste vaccinazioni possono essere non eseguite o rimandate solo in caso di accertato pericolo per la salute. Il pericolo per la salute deve essere documentato e attestato dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta.

Sansioni previste per chi non rispetta la legge

I genitori o coloro che esercitano la patria potestà sui bambini che non vaccineranno i propri bambini senza un certificato medico (di cui sopra) subiranno una sanzione amministrativa che andrà dai 500 a 7.500 euro e rischieranno di perdere la potestà genitoriale.

I dirigenti scolastici non potranno ammettere nelle scuole bambini non sottoposti alla vaccinazione obbligatoria e dovranno segnalare la mancanza all’ASL.

I bambini che non hanno ricevuto i vaccini obbligatori non potranno essere iscritti agli asili nido e alle scuole dell’infanzia, né pubbliche né private.

Solo nel caso in cui un minore non è vaccinabile per questioni di salute, il bambino verrà inserito in classi in cui tutti gli altri minori saranno in regola con le vaccinazioni.

A questo link è possibile leggere e approfondire la notizia direttamente sul sito del ministero della salute

 

Le mansioni e la formazione del CRA

 

 

 

 

 

Le mansioni e la formazione del CRA

La formazione del CRA e le sue mansioni, conoscerle e capirle per aprirsi la strada verso una professione richiesta, ben remunerata e soddisfacente. La figura del CRA è una delle figure emergenti nel mondo del lavoro. Il lavoro del CRA è sempre più richiesto ed è quindi importante per chi è interessato a svolgere questa attività conoscere quali sono le mansioni e la formazione del CRA

formazione del CRA

Le mansioni del CRA

Ecco alcune delle mansioni del CRA: il CRA dovrà, trale altre cose, sviluppare e scrivere protocolli di studio, rapportarsi con i comitati etici, identificare e valutare i centro che potrebbero essere interessati a partecipare alla sperimentazione clinica, presentare il protocollo e le procedure dello studio agli sperimentatori, monitorare lo studio in tutte le sue fasi, archiviare la documentazione, chiudere i centri quando termina lo studio, preparare i report dello studio.

La formazione del CRA

La formazione del CRA è regolamentata dal D.M. 15 Novembre 2011 (conosciuto anche come “Decreto CRO”). Ecco alcuni dei requisiti richiesti per potere svolgere questa professione:

È indispensabile la laurea in materie tecnico-scientifiche Vecchio Ordinamento o Specialistica del nuovo ordinamento (Scienze naturali, Farmacia, CTF, Chimica, Biologia, Biotecnologie, Medicina ed altri corsi di laurea equipollenti); fondamentale è la conoscenza delle GCP (Good Clinical Practice) e delle leggi che regolamentano la sperimentazione di un farmaco (40 ore di formazione in toto sugli argomenti previsti dal decreto). Il futuro CRA deve aver fatto almeno 10 visite accompagnate con CRA esperti e 4 mesi di esperienza nel settore della ricerca clinica o farmacovigilanza, oppure ulteriori 20 visite accompagnate con CRA esperti, oppure un master universitario in ricerca clinica o farmacovigilanza. Nella formazione del Cra deve inoltre rientrare una formazione specifica sulla sperimentazione oggetto di monitoraggio.

vai su missione CRA per approfondire

Le componenti del farmaco

 

 

 

 

Quali sono le componenti del farmaco?

É importante conoscere le componenti del farmaco e capire a cosa servono e come funzionano. I farmaci sono composti da una o più molecole che svolgono l’attività farmacologica vera e propria e altre sostanze, che possono essere definite “ancillari”.

le componenti del farmaco

La molecola che svolge l’attività farmacologica vera e propria si chiama “principio attivo”, mentre le sostanzze “aiutanti” sono chiamate eccipienti. Ma vediamo nel dettaglio le componenti del farmaco per capire meglio.

Il principio attivo

Il principio attivo è la parte fondamentale del farmaco, la molecola cioè che andrà a svolgere nel nostro organismo un’azione specifica verso la malattia si vuole combattere. Modifica quindi una funzione organica con l’obiettivo di curare o prevenire un problema di salute.

Le altre componenti del farmaco: gli eccipienti

Gli eccipienti sono, come detto prima, delle sostanze “aiutanti”, che non hanno nessuna capacità di svolgere un’azione all’interno del corpo, ma che servono a contenere o indirizzare (senza danneggiaro) il principio attivo verso il punto del corpo in cui dovrà agire. Vengono utilizzati anche per rendere più gradevole il sapore e l’aspetto del medicinale e per rendere il farmaco delle dimensioni giuste per essere ingerito.
In certi casi, infatti, la quantità di principio attivo necessaria presente in una compressa è di pochi microgrammi e gli eccipienti servono per rendere la compressa della dimensione giusto per essere presa in mano e degluttita.

fonti

La vaccinovigilanza in Italia

La vaccinovigilanza in Italia: un documento redatto da AIFA

L’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, ha reso pubblico un importante documento, in altre parole “La vaccinovigilanza in Italia: ruolo e obiettivi”. Questo documento, consultabile per intero a questo link fornisce una panoramica sule attività che si occupano di vigilare sui vaccini e di valutare il nesso di causalità.

vaccinovigilanza

vaccinovigilanza

La vaccinovigilanza si occupa di monitorare l’uso sicuro dei vaccini e ne controlla costantemente efficacia e tollerabilità anche dopo che il vaccino è stato approvato e messo in commercio.

I vaccini: una risorsa per la salute pubblica

I vaccini sono fondamentali perché contribuiscono alla prevenzione di moltissime malattie infettive. Negli anni, questi medicinali hanno ridotto la morbosità e la mortalità di tante patologie che avrebbero avuto altrimenti un forte costo in termini di vite umane.

Vaccini gratuiti per proteggere se stessi e gli altri

Il calendario delle vaccinazioni, riporta il documento sulla vaccinovigilanza sopra citato, prevede l’offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni (obbligatorie e raccomandate) e le vaccinazioni indicate per i soggetti ad alto rischio.

Che cosa sono la vaccinovigilanza e la farmacovigilanza?

La vaccinovigilanza e la farmacovigilanza sono l’insieme delle attività finalizzate a valutare in maniera continuativa tutte le informazioni relative alla sicurezza dei farmaci. Si occupano inoltre di accertare che il rapporto tra il beneficio e il rischio (B/R) sia sempre favorevole. La vaccinovigilanza, quindi, monitora l’uso dei vaccini per controllarne sempre l’efficacia e la tollerabilità.

L’informazione attiva

È d’importanza fondamentale informare le persone in maniera corretta e trasparente sui vaccini. I benefici delle vaccinazioni, infatti, che consistono nella protezione da malattie anche gravi e dalle loro possibili complicanze, sono molto maggiori rispetto ai rischi, potenziali, o dichiaratamente falsi in circolazione. Informarsi è doveroso e vaccinarsi con consapevolezza è il modo migliore per preservare la propria salute e quella degli altri.

fonte: AIFA

Condivisione dei dati e sperimentazioni cliniche

Condivisione dei dati e sperimentazioni cliniche

Perché è importante:

Mario Melazzini nel suo editoriale del 9 maggio 2017 su AIFA ha espresso la sua convinzione sull’importanza della condivisione dei dati della ricerca clinica. Allineare e integrare i dati sanitari, infatti, può essere una grande risorsa per la comunità medico-scientifica.

 

condivisione dei dati

I pro e i contro della condivisione dei dati

Poter accedere ad una enorme mole di dati sanitari significherebbe ridurre i costi e i tempi delle ricerche cliniche e fare delle scelte sulla base di informazioni solide e costantemente aggiornate.Come espresso anche da molti esperti in un articolo su The New England Journal of Medicine, sono molti i motivi che negli anni hanno indotto le aziende farmaceutiche a proteggere i dati: innanzitutto la tutela della proprietà intellettuale, gli interessi del gruppo di studio primario e dello sponsor, ma anche il rischio di violare la riservatezza dei dati individuali delle persone che prendono parte alle sperimentazioni cliniche.

Una possibile soluzione? Il gatekeeper

Il gatekeeper è un modello di condivisione dati in cui team di ricerca qualificati hanno accesso a specifici set di dati contenuti in un archivio web centrale, sulla base di una valutazione della proposta di ricerca da parte di un comitato indipendente di esperti. Questo modello, secondo gli autori inglesi dell’articolo prima citato, sebbene utile, non consente comunque di superare tutti i limiti attuali.

Il Project Data Sphere (PDS): un modello di condivisione dei dati open source

Il project Data Sphere è un progetto indipendente e senza fini di lucro del CEO Roundtable on Cancer’s Life Sciences Consortium (LSC). Questo progetto, nato per sviluppare la ricerca per la cura e la prevenzione del cancro, ruota attorno a una piattaforma web based per l’accesso ai dati open-source relativi a più di 42.500 pazienti e 74 studi. La piattaforma, naturalmente, garantisce l’anonimato ai pazienti ed è ristretta per adesso alla sola area oncologica. L’ipotesi di una sua espansione verso una comunità più vasta di scenziati è ancora solamente ipotetica.

L’importanza della tutela del paziente

Qualunque sia il modello di condivisione dei dati, è però fondamentale che l’accesso ai dati garantisca gli interessi delle parti coinvolte nelle sperimentazioni cliniche, in primo luogo i pazienti.

fonte 1: AIFA

fonte 2: articolo inglese

Le tre fasi della sperimentazione clinica

Le tre fasi della sperimentazione clinica

In questo articolo spiegheremo le tre fasi della sperimentazione clinica. Quando un’industria farmaceutica vuole immettere un nuovo farmaco nel mercato, deve prima dimostrarne la sua efficacia nel curare o prevenire una determinata malattia e capire qual è il rapporto tra i benefici e gli eventuali rischi che il nuovo farmaco potrebbe comportare. Vengono avviate così delle ricerche che possono durare tra i sette e i dieci anni e che si dividono in varie fasi.

le tre fasi della ricerca clinica

Innanzitutto c’è una sperimentazione preclinica, in cui si indaga per capire come una determinata molecola si comporta e agisce su un organismo vivente. Gli studi vengono quindi eseguiti inizialmente “in vitro” e poi “in vivo”.

Gli studi “in vitro”

Durante gli studi in vitro, la sostanza sperimentata viene messa in una provetta insieme a delle cellule ottenute in coltura o a microrganismi. Vengono fatti quindi dei test in laboratori altamente specializzati.

Gli studi “in vivo”

Gli studi “in vivo” sono quelli effettuati sugli animali e vengono realizzati solo quando è stato dimostrato tramite gli studi in vitro che la molecola sperimentata ha effettivamente degli effetti terapeutici. In questa fase della sperimentazione si osserva quindi il comportamento e la tossicità della molecola su un organismo vivente complesso come quello di un animale. Contemporaneamente si ha modo di capire qual è la via di somministrazione migliore e come la sostanza viene assorbita e eliminata.

Le tre fasi della sperimentazione clinica

Le tre fasi della sperimentazione clinica servono a capire come il principio attivo agisce sull’uomo e quali benefici o problemi può comportare l’assunzione della molecola studiata.

Fase 1

Durante la prima della tre fasi della sperimentazione clinica si effettua un studio sulla sicurezza e sulla tollerabilità del medicinale. Solitamente, questi studi sono condotti in centri specializzati su un numero molto ristretto di volontari. Questo volontari, in genere, hanno un’età non avanzata e non sono affetti da alcuna malattia né sono predisposti. Solo in caso di gravi patologie, ad esempio i tumori, la prima fare della sperimentazione clinica può avvenire direttamente su soggetti malati.

Ad essere indagati sono gli effetti indesiderati della sostanza presa in esame. Per avere risultati ottimali i volontari vengono divisi in più gruppi e ogni gruppo riceve una dose diversa di farmaco.

È importante valutare in questa fase il rapporto tra il beneficio e il rischio apportato dalla molecola e solo se il livello di tossicità è accettabile la sperimentazione può passare alla fase due.

Fase 2

La seconda delle tre fasi di sperimentazione clinica serve a indagare l’attività terapeutica del farmaco, a capire cioè se la sostanza, oltre a non produrre effetti indesiderati come appurato nella fase 1, è in grado di produrre effetti curativi. In questo caso la sperimentazione non è più effettuata su soggetti sani come nella prima fase, ma in soggetti volontari affetti dalla patologia che la molecola dovrebbe curare.

I soggetti “arruolati” vengono divisi in più gruppi. Ogni gruppo di pazienti riceve una dose diversa di principio attivo e in certi casi (quando è eticamente possibile) un placebo.

Il placebo è una sostanza priva di efficacia terapeutica. È importante quindi che le valutazioni siano condotte siano fatte senza che il paziente sappia se il trattamento che ha ricevuto corrisponde al placebo o al principio attivo in esame. Questa fase può durare fino a due anni e serve a dimostrare la non tossicità e l’attività del nuovo principio attivo.

Fase 3

Nella terza delle tre fasi della sperimentazione clinica ci si interroga sull’effettiva efficacia del farmaco sperimentato rispetto a farmaci simili già in commercio. La sperimentazione clinica viene effettuata in questo caso su centinaia o migliaia di pazienti e l’efficacia del farmaco viene confrontata con altri farmaci già in uso, con un placebo o con nessun trattamento.

Ai pazienti viene assegnato casualmente il nuovo principio o un farmaco di controllo (in genere il trattamento standard per quella specifica patologia oggetto della ricerca) e, alla fine della sperimentazione, è possibile attribuire ogni differenza nella salute dei pazienti solo ed esclusivamente al trattamento. Il periodo di monitoraggio del nuovo farmaco dura dai 3 ai 5 anni e in questo lasso di tempo si controlla sopratutto l’insorgenza e la frequenza degli effetti indesiderati.

fonte: Aifa